L’arte Italiana resiste alla crisi

Il miart, la fiera dell’arte contemporanea che il 28, a Milano, vara la sua 19 esima edizione,  riparte da questa dichiarazione di intenti: esprimere la natura, raccontare l’«adesso». E quale presente vedremo qui? «Uno scenario positivo per l’arte contemporanea, ottimismo sui mercati e una razionalità oculata» sintetizza il direttore Vincenzo de Bellis.

In cifre: 148 gallerie internazionali di arte moderna, contemporanea e design, delle quali 60 dall’estero; il focus sulle gallerie «storicizzate» e quello sulle emergenti; THENnow, il confronto tra artisti storici e più giovani. Un faccia a faccia tra età, questo, che lo stesso presente ci impone: la crisi rimescola le carte, cambia gli scenari, intreccia le generazioni. «Ogni periodo economicamente difficile fa riaffiorare un ritorno all’ordine, al già noto, al consolidato» dice de Bellis. Semplificando: se gli investimenti in Borsa sono più o meno rischiosi e l’arte diventa una forma di guadagno, si cerca di privilegiare il concreto rispetto all’effimero.

E infatti, osservando le proposte delle gallerie, quello che si dipana davanti agli occhi un racconto bidimensionale e pittorico che sembra scalzare l’avanzata dei video, delle installazioni, dei retaggi dell’arte povera. Accanto ai disegni erotici di Mario Schifano, ecco gli acrilici multicolore dell’americano Barnaby Furnas (galleria Monica De Cardenas); ci sono gli olii del maestro dell’informale Giuseppe Capogrossi e, accanto, gli uomini-lupo del marchigiano Enrico David (Werner Gallery), grafite su carta, colore su suggestione animalesca. La riconoscibilità dei concetti spaziali di Fontana e gli inchiostri semi osceni di Huma Bhabha.

«Intendiamoci: io credo che la pittura non sia mai morta — dice il direttore —, ma questa nouvelle vague del bidimensionale è interessante, non solo per i giovani». Infatti, se mostre come Frieze e Artissima hanno di recente fatto conoscere artisti emergenti dell’astratto e del figurativo e a New York Gagosian espone gli olii delicati della 45enne Cecily Brown, questo sembra essere un periodo felice anche per maestri come Anselm Kiefer e il cinese Zao Wou-ki, scomparso l’anno scorso.

Una ragione c’è. «La pittura – dice de Bellis – impone l’assoluta conoscenza di certe regole consolidate. O è ottima o resta indietro. I collezionisti, almeno quelli che stiamo imparando a conoscere con miart, sono esigenti, fantasiosi e preparati. E il moderno/contemporaneo italiano va molto bene: si pensi che l’Italia è l’unica nazione che vanta aste dedicate al proprio mercato. Per capirci: Christie’s organizza Italian Sale e non, per esempio, French Sale».

Milano è stata una città molto abile a trasformarsi in un ponte tra passato e futuro: si pensi solo alle esperienze di Lucio Fontana e Piero Manzoni. A proposito: la mostra dedicata a quest’ultimo a Palazzo Reale è solo una delle tante iniziative collaterali «esterne» (insieme alla personale di Galindo al Pac, alla retrospettiva di Meireles all’HangarBicocca e altre) e fa sorridere se si pensa che proprio Manzoni, più o meno mezzo secolo fa, preconizzava la fine della pittura.

Vedremo un miart, insomma, che si assembla intorno a Milano e alla sua identità: il design (torna «Object», selezione di gallerie che propongono pezzi d’autore), la moda (confermata la collaborazione con la Fondazione Nicola Trussardi) e la vocazione internazionale messa in risalto da «Conflux», nuova piattaforma che prevede progetti site-specific di artisti rappresentati da gallerie di America Latina, Medio Oriente, Stati Uniti ed Europa. Un nuovo ciclo di «miartalks», in collaborazione con il Goethe-Institut Mailand, accompagnerà i giorni della fiera con un programma di incontri e dibattiti.

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