La galleria d’arte virtuale funziona

Una delle giovani stelle più brillanti nel mondo dell’arte oggi è Lucien Smith. La sua tela Two Sides of the Same Coin è stata venduta per 369.123 dollari all’ultima asta di Sotheby’s a Londra, un prezzo quasi quattro volte la stima massima indicata nel catalogo.

Smith ha solo 24 anni e ora vive e lavora nel quartiere di Tribeca a New York, ma si è formato e ha mosso i primi passi con The Still House Group, «un’organizzazione gestita da artisti» — come si definisce sul proprio sito www.enterstillhouse.com — che sta rivoluzionando il mercato dell’arte con il suo nuovo modello creativo e di business.

Era nata nel 2007 come semplice piattaforma online per mostrare i lavori di perfetti sconosciuti, ragazzi di 10-20 anni, alcuni dei quali nemmeno frequentavano scuole d’arte. Ora è diventata una sorta di «casa» dove otto artisti stabili e degli ospiti a turno lavorano, mettono in mostra le proprie opere e si organizzano per portarle alle esposizioni e venderle. Partiti da niente, i membri di questo gruppo oggi producono un fatturato annuo che va dai 3 ai 5 milioni di dollari, secondo le stime del critico Michael Miller del «New York Observer»: quanto una galleria di medio livello ha bisogno di vendere per restare aperta a Manhattan.

The Still House Group non è a Soho o Chelsea, nelle aree più famose per le gallerie newyorkesi. Si trova a Brooklyn ma non a Williamsburg, il suo quartiere più hip. Bisogna invece scovarla a Red Hook, la zona ex industriale diventata sede di ipermercati come Ikea e Fairway Market. In fondo a Van Brunt Street c’è il capannone diviso in una decina di spazi, aperti e comunicanti secondo la filosofia di collaborazione condivisa dal gruppo. Uno serve da galleria informale, uno è per l’artista ospite e otto sono per i membri stabili: Isaac Brest, 28 anni e Alex Perweiler, 27, che hanno fondato l’organizzazione nel 2007; Zachary Susskind, Jack Greer, Brendan Lynch, Louis Eisner, Nick Darmstaedter e Dylan Lynch, tutti fra i 26 e 29 anni. Brest si occupa anche della gestione pratica della «casa» e delle vendite.

Il modello tradizionale di rapporto fra gallerie e artisti prevede la spartizione a metà dei proventi delle vendite: il dealer si prende il 50% in cambio di un supporto agli autori delle opere, che oltre allo spazio per esibirle comprende la loro promozione e qualche volta la fornitura di materiali e assistenza in varie forme. Un giovane artista di solito comincia con il farsi rappresentare da una piccola galleria e poi, mano a mano che crescono le sue quotazioni, passa a gallerie più rinomate secondo una gerarchia ben chiara in questo mondo. I membri dello Still House Group invece si autogestiscono e quando vendono direttamente dalla casa a Red Hook si tengono il 60% dell’incasso, mentre il 10% va a chi ha aiutato a concludere l’affare e il 30% finisce in una cassa comune che copre le spese di gestione dello spazio. Prima di metter su casa a Brooklyn, il gruppo aveva lavorato per otto mesi nel 2010 in un palazzo di uffici a Tribeca, occupando un piano in disuso: da lì erano cominciate le vendite dirette al pubblico. L’anno dopo, con i guadagni realizzati Brest e i suoi compagni – che sottolineano di non essere un «collettivo» — hanno affittato il capannone di Red Hook.

A volte portano le loro opere anche nelle gallerie «normali» come Nahmad Contemporary nell’Upper East Side a Manhattan, dove da febbraio a fine marzo hanno esposto Lynch, Perweiler e Sutherland di fianco a esponenti dell’Arte Povera come Alberto Burri: una mostra che ha messo in luce come l’enfasi sulla comunità artistica, motore del movimento italiano, sia anche la forza dello Still House Group.

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